Sono finalmente usciti i tanto attesi decreti di recepimento delle direttive sull’economia circolare. Tra questi, il D.Lgs 3 settembre 2020 nr. 116 (che recepisce la direttiva 2018/851/UE), detta regole in tema di rifiuti organici.
Innanzitutto viene recepita la nuova definizione di rifiuti organici, che ora sono identificati con i “rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici , ristoranti, uffici, attività all’ingrosso, mense, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti equiparabili prodotti dagli impianti dell’industria alimentare” (art. 1 punto 9, lett. b) del D.Lgs 116/2020, che è andato a incidere sull’art. 183, comma 1, lett. d) del TUA).
Viene introdotta anche la nuova definizione rifiuti alimentari, come species di rifiuti organici, costituiti da “tutti gli alimenti di cui all’articolo 2 del regolamento CE n. 178/2002 sel Parlamento europeo e del Consiglio che sono diventati rifiuti” (art. 1 punto 9, lett. c) del D.Lgs 116/2020, che è andato a incidere sull’art. 183, comma 1, del TUA prevedendo la lettera d-bis).
Ma questo come impatta sulla vita di tutti i giorni? Credetemi, impatta più di quanto si creda.
Cominciamo dalla raccolta differenziata.
Innanzitutto è utile per capire cosa “possiamo” e cosa “non possiamo” gettare nel bidoncino dell’organico. Ora sappiamo per esempio che possiamo buttarci oltre che gli scarti della cucina, anche le foglie del nostro basilico o delle piante che abbiamo in casa (molti Comuni hanno addirittura dei bidoni dedicati, ma questa è un’altra storia). Sappiamo che possiamo buttarci anche gli scarti della cucina che vengono prodotti dalle mese o in ufficio.
Sapere cosa poter o non poter conferire nell’organico è a sua volta importante per il calcolo degli obiettivi di raccolta differenziata. Infatti, entro il 31 dicembre 2021 è stato previsto che i rifiuti organici devono essere differenziati e riciclati alla fonte, al fine di incrementarne il riciclaggio. Obiettivi di riciclaggio fissati al 65% entro il 2035.
E sapete cosa succede se gli obiettivi non vengono raggiunti? I comuni pagano delle sanzioni (art. 205 del TUA). E va a finire quindi che di riflesso paghiamo di più anche noi.
Cosa si può dunque fare?
Innanzitutto, informiamoci.
Le iniziative non mancano. Ogni cittadino deve fare la propria parte. Sapete per esempio che molte buste buste di plastica, sebbene etichettate come compostabili, di fatto lo sono solo a determinate condizioni e se gettate nell’organico ne inficiano la qualità del prodotto finale o se disperse nell’ambiente non si biodegradano in mare?
A livello di Governo centrale, regionale e locale occorre invece intervenire con strumenti economici e altre misure per incentivare la raccolta differenziata.
Penso a ulteriori tasse e restrizioni per il collocamento in discarica e l’incenerimento dei rifiuti, penso ai regimi di tariffazione puntuale improntati al principio del pay-as-you-throw, penso soprattutto a una solida pianificazione degli investimenti nelle infrastrutture per la gestione dei rifiuti, anche per mezzo dei fondi dell’Unione e ragionando per macroaree.
In definitiva, oggi più che mai torna alla ribalta il principio del “flessibile, come capacità di adattamento alle sfide poste dalla realtà e dalle circostanze. Non resta dunque che vincere le nuove sfide poste dai rifiuti organici, con la flessibilità.